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Origini del nome “Avane”
Secondo
il Dizionario Corografico E. Repetti (1833)
il nome Avane fu dato a molti luoghi della Toscana, più
o meno alterato come Avena o Avenano. Sarebbe
riconducibile al latino «ad vanendum»,
cioè «per la caccia»: tale nome
era comunemente dato alle foreste e alle terre destinate
alla caccia. A suffragio di questa ipotesi vi sarebbero
anche altri toponimi presenti nel paese quali «Falconaja»
e «Cafaggioreggio», oggi forse evolutisi
in Cafaggio e Falcata, nomi di due vie del
paese.
Dal testo:
«AVANE, AVENA, AVENANO: la loro etimologia sembra derivata
da antiche foreste o bandite destinate ai loro proprietari specialmente
all'uso della caccia (ad vanandum)»
Sembra
comunque che il nome Avane possa avere addirittura origini
etrusche, (da Avenal).
Cenni
storici
Preistoria
I territori del comune di Vecchiano riportano valide testimonianze
di insediamenti umani sin da tempi antichissimi: lo dimostrano
i numerosi ritrovamenti archeologici risalenti
addirittura ad epoca eneolitica.
I primi scavi furono effettuati nel 1867 da
D’Achiardi e Regnoli nella Grotta
del Castello, situata sulle colline sopra Vecchiano,
presso l’attuale Monastero di S. Maria in Castello. L’ubicazione
di questa grotta è oggi sconosciuta: probabilmente è
andata distrutta a causa dei lavori delle cave. Questi scavi
portarono alla luce un gran numero di elementi, riconducibili
alla I età del Bronzo, tra cui vasi,
cuspidi di frecce, lame e punte varie, pugnali e pendagli e,
per quanto riguarda i materiali antropologici, reperti relativi
a dieci individui.
Gli scavi successivi furono condotti nel 1975
e nel 1980, nello Spacco delle Monete
e nelle Grotte dell’Inferno, della Scaletta
e del Borghetto, tutte ai piedi del monte di
Vecchiano, dove è parsa evidente una utilizzazione di
cavità naturali quali luogo di sepoltura da parte di
popolazioni eneolitiche e dell’età
del Bronzo (III e II millennio a.C.).
Anche in questi siti furono riportati alla luce corpi umani
oltre che numerosi oggetti di ornamento, vasi e armi.
Epoca
romana
Vi sono anche alcune tracce di un popolamento,
principalmente agricolo, in età romana
(tra il 42 e il 27 a.C.)
in alcune zone del comune di Vecchiano.
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Medioevo
Dopo
la caduta dell’impero romano, all’inizio dell’alto
medioevo, il territorio del Comune di Vecchiano, per la
sua importanza strategica, fu teatro di contese fra le
popolazioni residenti, di stirpe romana,
e gli invasori, di stirpe barbarica.
Alcune tracce delle strutture difensive del confine bizantino
e del residuo di stanziamenti romano-bizantini al tempo
delle lotte con i Goti e dell’invasione longobarda
(VI sec.) rimangono nella toponomastica
locale.
Del
periodo pienamente medievale si hanno molte testimonianze,
cartografiche e materiali (castelli, rocche, torri, chiese).
Gli insediamenti si svilupparono inizialmente lungo le
pendici dei Monti d’Oltre Serchio;
solo quando si cominciò l’opera di bonifica
delle paludi e di messa a coltura dei terreni, con conseguente
sviluppo della viabilità sia fluviale che terrestre,
gli insediamenti si spostarono dalle colline nelle pianure
circostanti.
Avane
è citata per la prima volta in un documento
del 952, redatto proprio ad Avane
per il Marchese Umberto Salico,
e in altri documenti di Corrado II (1138)
e di Federico I (1176).
Nel
medioevo il paese, oltre al nucleo della pieve,
già esistente nel 1181,
comprendeva quelli di S. Stefano e
di S. Salvatore: il primo, già
noto nel 1128 e separato dalla
Pieve da un ramo antico del Serchio il secondo,
già noto nel 1212 e pertinente
il Castello di Rosaiolo o del Ponte a Serchio.
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Sotto
l’aspetto materiale il paese, oltre la Chiesa di
S. Cristina, porta come testimonianza del periodo medievale
i resti del castello, noto anche col
nome di castello di di Rosaiolo
o castello del Ponte a Serchio,
a 50 m sopra il piccolo poggio di Rosaiolo, alle pendici
del monte Spazzavento,
proprio nella strettoia dove il monte arriva quasi a lambire
le acque del fiume. Ricordato per la prima volta nel 1026
come «castellum de Avane», il complesso
comprendeva anche un ponte che, almeno
dal 1168, attraversava il fiume proprio
di fronte al castello e del quale rimane a testimonianza
parte della palizzata che si può scorgere appena
fuori dall’acqua. Di questa grossa struttura oggi
rimangoni in piedi solo la torre
(nella foto), una struttura secondaria al margine della
strada (forse un'altra torre o una abitazione) e tracce
dei due livelli del muro di cinta, che affiorano in alcuni
punti circostanti la torre. |
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Questo
comlpesso fortificato era, come molti altri simili presenti
in queste zone (Vecchiano, Filettole, Ripafratta) di fondamentale
importanza per le azioni militari e gli scontri armati fra Pisa
e Lucca, che per secoli si sono contesi il
dominio di questi territori, a "metà strada"
tra le due città. Vecchiano (e Avane di conseguenza)
venne assalito e danneggiato nel 1345
dalle truppe di Luchino Visconti, come testimoniano
le parole dello storico Ranieri Sardo: «I
milanesi, seguitando il loro viaggio da Camaiore, pervennero
a Filettole et arsero e saccheggiarono quella Villa e Avane
e Vecchiano, essendosi ritirate le persone nei luoghi sicuri.»
(Ranieri Sardo).
Il complesso rimase
sotto il dominio di Pisa fìno alla sconfitta di questa
città a opera delle truppe del Giglio, nel 1406.
Da quella data ha seguito le vicende di Firenze fino all'unità
d'Italia.
Una
splendida immagine dello scontro tra le due potenze, pisana
e lucchese, che si sarebbe potuto ammirare osservando la vallata
del Serchio dalle colline sopra Filettole ce lo da Don Giorgio
Barachini:
«Se
passando dal Castellaccio ti avvii alle "Muracchia"
fino alla “torre segata”, puoi vedere ormai nascoste
tra gli aridi pruni e il folto dell’edera resti di antichissimi
fabbricati che per la solidità delle mura e l’ubicazione
ti si rivelano come costruzioni militari. Guardando allora
dai due versanti il lucchese e il pisano non puoi fare a meno
di lasciar correre la fantasia ai tempi andati, e se ti fermi
in ascolto, seduto su quelle pietre annose, puoi udire il
grido rauco del fagiano e il passo veloce della volpe che
ti aiutano in quella solitudine a ritrovare volti, udire grida,
che purtroppo son di guerra…»
«Colonne di polvere dall’una
e dall’altra pianura rivelano il cammino veloce di truppe
a cavallo che vengono a scontrarsi su queste verdi pendici.
Da una parte si alza il vessillo della croce bianca in campo
rosso: sono i pisani; dall’altra avanzano i lucchesi
con i loro scudi a bande bianche e rosse… le mura sembrano
alzarsi con i loro baluardi, la torre segata ritorna ad essere
la torre dell’Acquila che si erge in tutta la sua minacciosa
potenza; è la guerra.»
Dal
punto di vista agrario, nella zona collinare dominava il bosco
(con castagni e felci arboree), qualche vigna e probabilmente
l’olivo, come in epoca moderna. Troviamo
infatti ad Avane i toponimi Cafaggio e Ghiandeta.
Nella pianura alluvionale è attestata la presenza di
campi a cereali e di orti, con qualche vigna e albero da frutti,
ma anche con zone palustri a canneto e salice.
La
chiesa di S. Cristina
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Storia
Esistente come pieve pisana già nel 1137
col titolo di S. Cristina, delle strutture
originali conserva soltanto il lato Nord,
inglobato in quello della chiesa moderna.
Impianto ad una sola navata, probabilmente absidata; lato
Nord con almeno due monofore strombate, con archivolti
a piccoli cunei alternati a sottili laterizi che costituiscono
l’unico elemento decorativo, in chiave cromatica;
vi si apriva probabilmente un piccolo portale, architravato
a timpano pentagonale come nella vicina pieve di Rigoli,
del quale rimane il monolite reimpiegato come soglia del
portalino moderno, che forse sostituì o affiancò
l’originale. |
All’interno della chiesa, sulla parete di sinistra,
tra l’altare e la porta laterale, vi è una
bellissima lastra tombale (cm. 245
x 101) raffigurante un cavaliere con elmo, sovrastato
da corona comitale e cimiero a forma di cresta di gallo,
camaglio, usbergo, spada e pugnale e bastone di comando
tenuto con ambedue le mani guantate.
Si tratta di Corrado Alchiberg,
che le cronache e i documenti della seconda metà
del XIV secolo menzionano come «conte
Corrado tedesco», capitano di ventura tra i
più noti, prima al servizio della repubblica di
Firenze, con la Compagnia di Bernardo de la Salle,
poi al soldo di Gian Galeazzo Visconti duca di
Milano.
Morì al passaggio del Serchio
tra Ripafratta e Filettole dove fu sepolto nella chiesa
di S. Viviana, come si deduce dalla frase incisa su rasura.
Sulla fascia superiore e laterale di destra, e in parte
su quella del lato inferiore è intagliato in caratteri
gotici l’epitafio. |
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Fonti:
"Il Fiume, la Campagna, il Mare",
Bandecchi e Vivaldi
"Dizionario Corografico della Toscana",
E. Repetti
"San Giuliano Terme. La storia, il territorio"
"Filettole: un popolo, una pieve"
di Don Giorgio Barachini
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